Nei giorni 1-2-3 Giugno si svolgerà un workshop sull’area di S.Marta a Venezia coordinato da A.A.A. (Atelier d’Architecture Autogérée) e Hackitectura, che precederà e introdurrà il seminario, insieme agli abitanti del quartiere ed aperto agli studenti e alla cittadinanza. Per info scrivere a gio.fiamminghi@gmail.com o chiamare il numero cell. 334 7505337. Il tema sarà quello dello spazio pubblico e di quello comune: si lavorerà in particolare sugli spazi verdi e sul muro che racchiude il quartiere, ma anche sui vuoti architettonici e sullo sfitto abitativo. Il meeting di inizio workshop sarà alle ore 10.00 di Venerdi 1 Giugno sul retro della sede Iuav del Cotonificio, di fronte al bar.
Abstract e invito ai relatori_ Parasite Strategie For New Cities (click here to download)_ Strategie Parassite per Nuove Città
La società è in continuo divenire e l’uso della spazio di conseguenza si modifica in base alle nuove relazioni e ai nuovi comportamenti. La trama dei rapporti umani è imprescindibilmente legata ai luoghi fisici all’interno dei quali si sviluppa. L’importanza del “contesto”, dello “spazio”, del “luogo” appunto, diviene centrale per l’azione, per il progetto e per capire le società nel loro insieme, in quanto localizzate spazialmente. In questo contesto il termine “territorio” assume una nuova fisionomia: “è l’uso che se ne fa” (Crosta) e qualsiasi intervento volto a modificarlo non può prescindere dagli attori che lo vivono e lo animano nella loro quotidianità.
Il territorio ha i connotati dello spazio locale, concreto, materiale e tangibile (fatto di altri esseri viventi, di oggetti, di costruzioni, di strade, etc), ma è anche l’intangibile spazio fluido ed evanescente delle reti invisibili (internet, telefonia, mail, wireless, etc).
L’individuo contemporaneo che agisce nello spazio può essere definito come un “cyborg territoriale”, ovvero un “cuerpo que flota simultáneamente entre los flujos naturales y los flujos electrónicos” (José Pérez de Lama, Hackitectura).
Lavorare sul territorio e sulle città oggi, significa operare in un’ottica “multiscalare” considerando allo stesso tempo locale e globale, micro e macro, particolare e universale. I processi che si riflettono sui territori sono generati da fattori globali che hanno soppiantato governi propri dello Stato Nazione, una realtà nazionale o locale può soltanto essere capita o cambiata tenendo conto delle dinamiche internazionali (Bert Theis); per questo è necessaria la comunicazione orizzontale tra realtà che agiscono localmente: realtà consapevoli del fatto che possono continuare ad esistere e produrre solamente mettendosi in rete, scambiandosi competenze e saperi, mettendo in pratica modalità di azione diretta interconnesse.
Lo spazio urbano, l’ecosistema metropolitano, si manifesta oggi come il “dove” della “crisi sistemica”: la città infatti, se da un lato è il luogo principe dell’esercizio del potere biopolitico, che tende ad inibire (e a volte addirittura ad annullare) le capacità di autogestione dei singoli e delle comunità, dall’altro si espande senza sosta generando aberrazioni incalcolabili, che prendono forma nel “rifiuto”, nello “scarto”. Questa “spazzatura” assume molteplici connotati: la sua scala non si limita alla dimensione oggettuale, ma coinvolge anche quella architettonica e urbana, producendo pure forme prive di funzioni e di usi, costruzioni e spazi che muoiono prima ancora di aver vissuto.
Spazio ed uso, reali o immaginati, non sono solo i nuovi paradigmi dell’architettura (J.L.Mateo, K. Ivanisin) ma anche delle altre discipline del progetto quali l’arte e la pianificazione urbanistica.
“.. il territorio non è un contenitore a perdere né un prodotto di consumo che si possa sostituire. Ciascun territorio è unico, per cui è necessario riciclare, grattare una volta di più (ma possibilmente con la massima cura) il vecchio testo che gli uomini hanno scritto sull’insostituibile materia del suolo, per deporvene uno nuovo, che risponda alle esigenze d’oggi, prima di essere a sua volta abrogato.” (A. Corboz)
La contrazione dei tempi di trasformazione e di mutamento, legata all’ipervelocità ed all’accelerazione esponenziale nello sviluppo delle tecnologie e della produzione (e di conseguenza delle “crisi”), ha modificato le tempistiche dell’obsolescenza di strutture fisiche, funzioni, usi.
E’ necessario quindi arrestare il dilagare dell’urbano, ridare significato al rifiuto, allo scarto, al margine e contemporaneamente immaginare formule e azioni per riconnettere quelle parti del tessuto sociale e fisico che hanno perso la capacità di organizzarsi o rigenerarsi autonomamente, immaginando nuove strategie.
L’architettura declina legami parassitari con corpi ospiti esistenti per densificare la città, per tradurre spazialmente richieste che emergono da storie ordinarie utilizzando ‘quello che c’è’ e che in breve tempo ha già assunto i connotati dell’abbandono. L’architettura parassita è il riflesso di un ripensamento del valore dei territori e della necessità che la città cresca su se stessa e non più oltre. (S. Marini)
Oggi l’emanazione di norme che limitano le nuove edificazioni e il consumo di suolo costringono i progettisti a confrontarsi con nuove tematiche e nuovi spazi, nuove modalità “parassite” d’intervento sull’esistente. Queste “novità” che ora stanno diventando un approccio progettuale non sono altro che la rideclinazione contemporanea di una pratica antica, che nel nostro secolo è stata spesso adottata “dal basso” per soddisfare necessità emergenti.
In questo contesto le pratiche di occupazione, di riappropriazione e di autogestione degli spazi si son dimostrate visionarie e devono essere ri-considerate oggi come attività propositive, sperimentali, volte a proporre nuovi modelli che possano rivitalizzare sia le relazioni umane che gli spazi dove queste si esplicitano. E’ necessario scavalcare in questo senso l’equazione illegale = illegittimo, innovando o rifondando la norma con l’azione sul territorio.
In the case of European cities, the resilience capacity should also allow for the preservation of specific democratic and cultural values, local histories and traditions, while adapting to more economic and ecological lifestyles. A city can only become resilient with the active involvement of its inhabitants. To stimulate this commitment, we need tools, knowledge and places to test new practices and citizen initiatives, and to showcase the results and benefits of a resilient transformation of the city. (A.A.A)
Agire sul territorio genera relazioni “solidali” in contesti microlocali che possono fungere da riserve di “welfare”, utili alla società per proteggersi dalle condizioni estreme generate dalla crisi. D’altro canto la “società delle reti”, consente alle persone di accumulare cultura e connessioni trans-locali in grado di produrre resistenza, antagonismo e controegemonie.
L’azione nello spazio fisico e virtuale genera nuovi punti di vista rizomatici e alternative ai modelli di vita attuali; essa tende inoltre a creare “solidarietà plurali” in contesti microlocali che funzionano come “sacche di resistenza” per la società, la cui orizzontalità, resa possibile dalle reti, consente agli esseri umani di accumulare cultura e connessioni trans-locali in grado di produrre nuovi sistemi.
Il progettista che decide di approcciarsi a queste modalità di intervento deve però stare attento con il proprio lavoro a non banalizzare ed espropriare una metodologia nata dalla necessità, da istanze culturali, politiche e sociali: il pericolo è quello di ricondurre queste pratiche esclusivamente all’interno della teoria o della pratica professionale, sussumendole e rendendole funzionali al dominio biopolitico, con il rischio di agevolare fenomeni di gentrificazione.
Inoltre lo stesso termine “parassita” insieme ad altri quali “rifiuto”, “scarto”, etc. creano un ulteriore problema. Se mistificati possono tendere a legittimare un’estetica della povertà e a facilitare la contrazione degli spazi e della qualità dell’esistenza: in questo senso urbanistica, architettura e arte possono agire come powerfull tool per oltrepassare questa retorica o sono solo strumenti utilizzati per il controllo dei processi in atto?